Vittorio De Sica è uno degli "uomini di spettacolo" più rilevanti del '900. Ha attraversato tutto il secolo scorso: appena ragazzo, in un'Italia reduce dalla prima guerra mondiale e provenendo da una famiglia di "tragica e aristocratica povertà", come spesso soleva dire, padre impiegato e madre casalinga, si è dedicato al teatro, di prosa prima e successivamente di varietà, scalandone tutti i gradini, da semplice comparsa a primo attore, quindi a coproduttore della propria compagnia; ha debuttato con più di 100 rappresentazioni nei principali teatri italiani, a Milano al teatro Manzoni, a Roma nei teatri Argentina e Quirino. Ha brillato anche nel Cinema; in veste d'attore e di regista ha attraversato da protagonista tutte le stagioni del Cinema italiano del '900: la cinematografia edulcorata fascista dei "telefoni bianchi", il Neorealismo di cui è stato uno dei precursori, la successiva transizione verso la Commedia all'italiana, anche etichettata come Neorealismo rosa, ed infine la Commedia all'italiana degli anni '60. Ha interpretato circa duecento pellicole, in ruoli a volte toccanti, a volte di contorno, ed ha diretto circa trenta film. La sua brillante carriera è documentata e certificata da innumerevoli premi e riconoscimenti nazionali ed internazionali.
Da [3], a cura di Bruno Roberti e Nicoletta Ballati: "Regista e attore teatrale e cinematografico, nasce a Sora il 7 luglio 1901. Grande autore del cinema italiano fu anche interprete di spiccata personalità e presenza scenica. Dotato di una capacità istintiva nel cogliere il lato amabile e ironico, come quello malinconico e a volte tragico, della realtà quotidiana, De Sica possedette la rara capacità di sdoppiarsi dapprima tra il teatro e il cinema, e poi tra una carriera di attore, versatile e adattabile, e di regista cinematografico; nei suoi film emerge una sensibilità straordinaria nel saper trasferire l'osservazione minuta della realtà nelle maglie di racconti strutturati su un sentimento di forte solidarietà umana. Apparso come attore in quasi duecento film, seppe realizzare, anche in quelli di minore qualità, una perfetta combinazione tra eleganza gestuale e vocale e un suo personale tratto istrionico. Valorizzato da Mario Camerini, a partire da Gli uomini che mascalzoni...(1932)..., da questo regista De Sica acquisì i fondamenti dell'arte e della tecnica cinematografica che seppe fare suoi raffinandoli con profonda sensibilità e spessore umano. Si inserì autorevolmente nella storia del cinema con Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948), entrambi premiati con l'Oscar come migliori film stranieri rispettivamente nel 1948 e 1950, rivelando con lucida partecipazione l'amara realtà postbellica di un Paese materialmente e moralmente dilaniato. Grazie anche al contributo determinante dello scrittore e sceneggiatore Cesare Zavattini, che lavorò con lui in quasi tutti i suoi film, De Sica raggiunse la massima maturità artistica ed espressiva negli anni quaranta quando contribuì in maniera determinante alla nascita di una nuova cultura cinematografica, il Neorealismo".
De Sica e il Teatro
De Sica esordisce in teatro nel 1923, in un testo drammatico, con una piccola parte da cameriere; poco più che una comparsa. Passa poi al teatro leggero-sentimentale. Nella primavera del 1925 è secondo attore brillante nella compagnia di Italia Almirante, celebre diva del muto.
Nel 1927 è scritturato come secondo attore giovane nella compagnia Almirante-Tofano-Rissone. Debutta ne Gli occhi azzurri dell'imperatore e si impegna in spettacoli di prosa in numerosi teatri: nel 1929 recita al Teatro Argentina di Roma in Jolly di Luigi Chiarelli e al Teatro di Torino in una serie di spettacoli, O di uno o di nessuno di Luigi Pirandello, Una losca congiura di Sergio Tofano e Voulez-vous jouer avec moà? di Marcel Achard.
Nei primi mesi dell'anno successivo la compagnia si scioglie; ce ne dà notizia un breve inserto ne 'Il Dramma' n.96 del 15 agosto 1930; De Sica, seguendo Giuditta Rissone, cui si unirà in matrimonio qualche anno più tardi, entra nella Compagnia Drammatica diretta da Guido Salvini, interpretando ruoli di sempre maggior rilievo; nel 1930 è primo attore ne L'isola meravigliosa al teatro Manzoni di Milano e prosegue le recite al Teatro di Torino con Alla prova di Frederick Lonsdale, Fine del protagonista di Giulio Cesare Viola...ed altri.
Ma il successo a livello nazionale arriva qualche anno più tardi; nel 1931 il trio De Sica, Melnati e Rissone, deluso dagli insuccessi della Compagnia Drammatica di Guido Salvini costretta a sciogliersi, viene scritturato dalla compagnia ZaBum n.8 di Mario Mattoli, allora impresario teatrale, e Luciano Ramo, caricaturista, disegnatore, giornalista e impegnato nella realizzazione di testi, scene e costumi, e acquista notorietà in spettacoli in cui il genere drammatico degli attori di prosa viene mescolato con la comicità propria del varietà. Gli attori della ZaBum danno prova di grande versatilità, cimentandosi anche nel canto; alcune canzoni diventano veri e propri tormentoni come 'Stramilano' in Varietà Za Bum (1929) e 'Lodovico', scritta per Le lucciole della città (1931), parodia del film di Charlie Chaplin 'Luci della città'; nel corso del 1931 lo spettacolo è rappresentato in teatri di tutta Italia ( Teatro Storchi di Modena, Teatro della Pergola di Firenze, ...) restando in cartellone ben otto mesi; De Sica ricorda:" Il successo fu clamoroso e risolvemmo tutti i nostri guai. Quelli materiali, per lo meno. Ma quel trionfo non ci rendeva affatto felici, perché se avevamo lo stomaco pieno, adesso, rimpiangevamo il teatro ‘vero’ e ogni sera, prima di entrare in scena, a fare i buffoni, piangevamo tra le quinte sul nostro amaro destino di attori che si ‘prostituivano’. In ogni modo, quello spettacolo musicale mi procurò una enorme popolarità. Il cinema si accorse di me"; la foto di scena del trio Pilotto-Melnati-De sica in una rappresentazione al Teatro Olimpia di Milano o le caricature apparse su 'Il Dramma' avvalorano plasticamente questa riflessione. Ancora al Teatro Olimpia interpreta la commedia ToTo ( Sturm im Wasserglas) (1931) di Bruno Frank.
Nel corso degli anni '30 De Sica alterna l'impegno teatrale, prevalentemente nei mesi invernali, con le prime esperienze cinematografiche. Nel 1933 si impegna personalmente in una nuova compagnia teatrale, con Sergio Tòfano e Giuditta Rissone, e lavora, tra gli altri, al Teatro Odeon di Milano, al Teatro Argentina e al Teatro Quirino di Roma; ormai De Sica è un attore teatrale di prima grandezza. Nel 1940 De Sica e Rissone, marito e moglie dal 1937, costituiscono una nuova compagnia con Sergio Tòfano; tra i numerosi spettacoli, nel 1941 la compagnia rappresenta a Roma al Teatro Argentina la commedia I nostri sogni. Nel corso degli anni '40 gli impegni teatrali vanno comunque scemando a favore di quelli cinematografici e nel 1949 la sua ultima apparizione sul palcoscenico.
Questo ventennio di teatro porta linfa vitale alla sua formazione artistica; De sica sperimenta il teatro drammatico, quello più leggero e il varietà, con la leggendaria compagnia Za Bum, e si cimenta anche con successo con le esibizioni canore; con più di 120 rappresentazioni tra commedie, spettacoli di rivista e drammi in prosa è pronto ad affrontare la nuova esperienza della cinematografia, sin dai primi passi, quelli del cinema muto.
De Sica e il Cinema dei "Telefoni bianchi"
Dopo la partecipazione a due film muti, La bellezza del mondo e La compagnia dei matti (1927 e 1928) di Mario Almirante, De Sica raggiunge una certa notorietà con alcuni film commedia diretti da Mario Camerini tra cui Gli uomini che mascalzoni! (1932), in cui canta la celeberrima canzone "Parlami d'amore Mariù", Darò un milione (1935), film in cui incontra alla sceneggiatura per la prima volta Cesare Zavattini, Il signor Max (1937), Grandi magazzini (1939) e Manon Lescaut (1940); ormai De Sica è uno degli attori più noti e richiesti.
Negli stessi anni inizia la sua attività da regista: Rose scarlatte (1939) è il primo film diretto da Vittorio De Sica, trasposizione cinematografica di un suo successo teatrale, che il regista alla sua prima esperienza codirige con Giuseppe Amato, noto produttore. Seguiranno altri due film, Maddalena zero in condotta (1940) e Teresa Venerdì (1941), due commedie in cui compaiono i primi cambiamenti della cinematografia di De Sica che si allontanerà sempre più dalle convenzioni del cinema italiano di quel periodo, con una maggiore attenzione ai temi a sfondo sociale. Segue una divertita rievocazione storica con Un garibaldino al convento (1942) e l'anno successivo con I bambini ci guardano (1943) inizia stabilmente quella collaborazione con Cesare Zavattini che inaugura la prolifica stagione del Neorealismo.
In questo "primo periodo ante Neorealismo" (1930-1943), la filmografia di Vittorio De Sica è vastissima; riporto soltanto alcuni titoli di film da Lui interpretati e realizzati, film spesso tratti da commedie omonime interpretate in teatro dallo stesso De Sica: Ma non è una cosa seria (1936), di Mario Camerini; Il signore desidera? (1933) e Hanno rapito un uomo (1938) di Gennaro Righelli; Un cattivo soggetto (1933), Pazza di gioia (1940), La guardia del corpo (1942), Se io fossi onesto (1942) e Non sono superstizioso... ma! (1943) di Carlo Ludovico Bragaglia; La canzone del sole (1933) di Max Neufeld; Tempo massimo (1934), Amo te sola (1935), L'uomo che sorride (1936), Questi ragazzi (1937) e Ai vostri ordini, signora... di Mario Mattoli; Non ti conosco più (1936) di Nunzio Malasomma; Napoli d'altri tempi (1937), Napoli che non muore (1939) e La peccatrice (1940) di Amleto Palermi; La mazurka di papà (1938) di Oreste Biancoli; Finisce sempre così (1939) di Enrique Susini; L'avventuriera del piano di sopra (1941) di Raffaello Matarazzo; I nostri sogni (1943) di Vittorio Cottafavi; Nessuno torna indietro (1943) di Alessandro Blasetti.
Occorre ricordare che nei primi anni del nostro cinema sonoro particolarmente fortunato è stato il filone dei film di origine teatrale; in questo periodo il teatro è stato un serbatoio da cui pescare a piene mani in modo tale da minimizzare i costi di produzione dei film e garantire un ritorno economico sicuro. Ciò presentava indubbi vantaggi: la fonte teatrale di un film già conosciuta e sperimentata dal pubblico e dalla critica, il ricorso nella stesura della sceneggiatura a collaboratori dotati di esperienza, essendo spesso gli autori stessi delle opere, l’impiego di attori che in molti casi conoscevano benissimo il testo avendolo già interpretato sul palcoscenico, magari nei medesimi ruoli. Questa logica è stata destinata ad essere riproposta frequentemente soprattutto dopo la creazione di un nuovo organismo, la Direzione Generale della Cinematografia (con Regio Decreto Legge del 18 settembre 1934), subito affidata a Luigi Freddi, indiscusso protagonista del nostro cinema fino al 1940.
Anche le colonne sonore dei suoi film, a cui talvolta collabora per la stesura delle musiche, sono molto apprezzate e veicolano l'immagine di un De Sica "chansonnier". Una pubblicità così recitava: ' Vittorio De Sica,il giovane e valoroso attore della scena italiana, l'emulo di Chevalier, il più popolare divo dello schermo, incide esclusivamente per i dischi di Colombia '; le canzoni suscitano grande apprezzamento a livello radiofonico e discografico; e in quegli anni, caratterizzati da una ancora limitata diffusione di dischi e grammofoni, è considerevole anche la produzione di spartiti musicali per pianoforte, strumento abbastanza diffuso nelle famiglie di estrazione sociale medio-alta. A titolo di curiosità su alcune schede monografiche dei film ricordati sono mostrati dischi (78 giri) e spartiti, e naturalmente manifesti e materiale pubblicitario.
De Sica dal Neorealismo in poi
Dopo un film a carattere religioso realizzato in territorio vaticano, a S. Paolo fuori le mura, durante l'occupazione tedesca della capitale, La porta del cielo (1945), la cui avventurosa realizzazione cela un episodio di salvezza per ebrei sfuggiti alla razzia del 16 ottobre, militanti comunisti, aspiranti partigiani, uomini della Resistenza, centinaia di persone potenzialmente vittime della Gestapo, il regista firma quattro grandi capolavori del cinema mondiale, pietre miliari del Neorealismo: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1951), tratto dal romanzo "Totò il buono" dello stesso Zavattini e Umberto D. (1952), sembra dedicato al padre Umberto al quale il giovane Vittorio era fortemente legato. Il regista ha cambiato radicalmente la prospettiva del proprio cinema con maggiore attenzione all'osservazione dei sentimenti e della loro ragione sociale, staccandosi dalle scene patinate dei teatri di posa e immergendosi sempre più nelle realtà delle strade e delle piazze di una società piccolo borghese.I primi due ottengono l'Oscar al miglior film in lingua straniera e il Nastro d'argento per la migliore regia. Contemporaneamente l'ormai affermato regista De Sica, poco incline a comparire nei propri film, ma spinto da motivi "finanziari", non rinuncia alla sua attività da attore, spesso con parti poco impegnative e molto eterogenee, ma sempre con grande classe e maestria, dando vita a personaggi che talora valgono più dell'intero film: Lo sbaglio di essere vivo (1945) di Carlo Ludovico Bragaglia, Il mondo vuole così (1945) di Giorgio Bianchi, Abbasso la ricchezza (1946) di Gennaro Righelli, Roma città libera/ La notte porta consiglio (1946) di Marcello Pagliero, Natale al campo 119 (1947) di Pietro Francisci con la supervisione di De Sica, Cuore (1948) in co-regia con Duilio Coletti, Cameriera bella presenza offresi (1951) di Giorgio Pastina, Buongiorno elefante!/Sabù principe ladro(1952) di Gianni Franciolini, l'episodio Il processo Frine in Altri tempi-Zibaldone n.1 (1952) di Alessandro Blasetti.
Nel 1953 veste i panni del maresciallo Carotenuto in Pane, amore e fantasia di Luigi Comencini dove recita con Gina Lollobrigida "la bersagliera"; il film nella classifica dell'anno è campione di incassi e costituirà la prima puntata di una serie di episodi con altri registi e altri attori ma sempre con l'ineffabile Maresciallo De Sica: Pane, amore e gelosia (1954) ancora di Luigi Comencini, Pane, amore e ... (1955) di Dino Risi e Pane, amore e Andalusia (1958) di Javier Setò.
Da quì in avanti l'attività di De Sica si sviluppa ancora attraverso regie alcune delle quali costituiscono pietre miliari nella storia del Cinema italiano: L'oro di Napoli (1954) con l'episodio Il funeralino, in cui la sua personale sensibilità nella rappresentazione delle miserie e dell'umanità dell'infanzia napoletana raggiunge un pieno risultato espressivo; Il Tetto (1956), opera del tardo neorealismo, in cui affronta uno dei problemi sociali che le istituzioni del tempo fanno fatica ad ammettere: la carenza di alloggi e quindi precarietà delle giovani famiglie e conseguenti problemi di abusivismo; La Ciociara (1960) narrazione dello strazio di una madre e donna umiliata dagli oltraggi di una guerra (Oscar a Sophia Loren per la sua interpretazione); Il giudizio universale (1961) un affresco di contraddizioni del mondo contemporaneo sullo sfondo di una Napoli che attende la fine del mondo annunciata da una voce misteriosa: anche in questo film, come in Miracolo a Milano o ne Il boom (1963) è chiaramente visibile l'impronta di Cesare Zavattini che attraverso l'assurdo e il grottesco denuncia e critica gli errori e gli scompensi della società; Ieri, oggi e domani (1963) Oscar per il miglior film straniero del 1965 che consacra la coppia Mastroianni-Loren, attori protagonisti in altri film di De Sica come Matrimonio all'italiana (1964), trasposizione della commedia Filumena Marturano, e I girasoli (1970). Ricordiamo anche Stazione termini (1953), Anna di Brooklyn (1958), I sequestrati di Altona (1962), Il giardino dei Finzi Contini (1970), Una breve vacanza (1973).
E inoltre vanno citati alcuni degli innumerevoli film in cui la presenza dell'attore De Sica lascia una traccia indelebile e per la sua eleganza interpretativa e per la sua professionalità: Villa borghese (1953) di Gianni Franciolini, Il segno di Venere (1955) di Dino Risi, La bella Mugnaia (1955) di Mario Camerini, Tempo di villeggiatura (1956) di Antonio Racioppi, Noi siamo le colonne (1965) di Luigi Filippo D'Amico, Padri e figli (1957) di Mario Monicelli, Amore e chiacchiere (1957) di Alessandro Blasetti, Vacanze a Ischia (1957) di Mario Camerini, Addio alle armi (1957) di Charles Vidor, Gli zitelloni (1958) di Giorgio Bianchi, Uomini e nobiluomini (1959) di Giorgio Bianchi, Policarpo ufficiale di scrittura (1959) di Mario Soldati, Vacanze d'inverno (1959) di Camillo Mastrocinque, Il generale della Rovere (1959) di Roberto Rossellini con una delle sue più toccanti interpretazioni, Ferdinando I re di Napoli (1959) di Gianni Franciolini, Gastone (1960) di Mario Bonnard, Le pillole di Ercole (1960) di Luciano Salce, Il vigile (1960) di Luciano Salce, Un amore a Roma (1960) di Dino Risi, La miliardaria (1960) di Anthony Asquith, Gli incensurati (1961) di Francesco Giaculli, I due marescialli (1961) di Sergio Corbucci, Io, io, io...e gli altri (1966) di Alessandro Blasetti, Un italiano in America (1967) di Alberto Sordi, Trastevere (1971) di Fausto Tozzi, Il delitto Matteotti (1973) di Florestano Vancini, C'eravamo tanto amati (1974) di Ettore Scola.
Nel 1967 ottenuta la cittadinanza francese, Vittorio De Sica può divorziare da Giuditta Rissone e sposare Maria Mercader, conosciuta sul set di Un garibaldino al convento e sua compagna per la vita. Muore a a Neuilly-sur-Seine (Ile-de-France) il 13 novembre 1974.