Neorealismo e dintorni

La Trama: un giovane ispettore di polizia, Marcello, deve indagare su alcuni crimini e i sospetti cadono su uno studente universitario, Stefano, fratello della donna di cui è innamorato. Durante una rapina in un bar viene ucciso un uomo; c'è poi un tentativo di furto nella segreteria dell'università, durante il quale uno dei rapinatori smarrisce l'accendino con le proprie iniziali; sono quelle di Stefano. Una giovane impiegata nella segreteria, fidanzata di Stefano ma ignara del suo coinvolgimento nella vicenda, vorrebbe consegnare questa prova alla polizia, ma Stefano, temendo di essere scoperto, l'uccide. Marcello, che aveva sino a quel momento temporeggiato, per non procedere contro il fratello dell'innamorata, rompe gli indugi e cerca di arrestarlo; ma durante il tentativo di fuga il ragazzo viene ucciso dagli agenti.

 

La pellicola, ispirata ai film polizieschi americani, di cui Germi era un appassionato e che proprio in quegli anni invadevano il mercato italiano, fu quasi unanimamente giudicata dai critici contemporanei quale espressione del nascente Neorealismo; Antonio Pietrangeli nel 1948 concludeva un articolo sul Cinema Italiano per la rivista "Revue de Cinéma" [17] annoverando Germi tra "... gli ultimi arrivati in vena di realismo ..."; Ennio Flaiano scriveva del suo film: "Gioventù perduta...combacia a tal punto con la realtà da lasciarci pensosi". L'appartenenza di Germi alla corrente Neorealista è stata in realtà a lungo oggetto di controversi dibattiti; scriveva il critico Fernaldo Di Gianmatteo [18]: " Negando di essere un neorealista, egli (Germi, n.d.r.) ha inteso, più che sostenere una posizione personale, ricordare che le ragioni dell'arte sono altra cosa dalle correnti o dalle tendenze troppo precipitosamente nate, che la piatta registrazione della realtà (promulgata dalla poetica neorealista, n.d.r.) non solo non ha alcun significato estetico ma è addirittura impossibile per poco che la personalità del regista riesca a lasciare il segno della sua esistenza".

 

Germi utilizza uno schema da film poliziesco per raccontare un fenomeno d'attualità: la diffusione della criminalità giovanile negli ambienti della buona borghesia negli anni del dopoguerra; è un sintomo della crisi esistenziale di una gioventù appena uscita dalla guerra e il regista ne cerca le cause sociali, che individua all'interno della famiglia: la madre iperprotettiva, il padre assente, la sorella eccessivamente indulgente. La trattazione è coerente per molti aspetti ai canoni dell'estetica neorealista, nell'uso della macchina da presa che insegue i personaggi, nell'esigenza di indagare nel reale, nell'impegno morale di fare un cinema utile alla società. Al di fuori dei rigidi canoni neorealistici che richiedevano una tecnica di ripresa imparziale, documentaristica, c'è invece l'uso dei chiaroscuri e la successione incalzante delle immagini che esaltano la drammaticità degli avvenimenti

Gioventù perduta (1947)

Regia: Pietro Germi

 

 

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