Neorealismo e dintorni

La trama: Ada vive da sola in Italia con il figlio, il piccolo Mario, mentre Aldo, il padre, lavora all'estero. Un giorno Ada muore in un incidente e Aldo torna in Italia per il funerale e per incontrare il figlio, che però rimane indifferente alla vista del padre, per lui un estraneo. Aldo vorrebbe ripartire al più presto, ma deve prima assicurare al figlio una sistemazione; sa che Mario rifiuta di andare a scuola e trascorre il suo tempo con Righetto, uno straccivendolo, a cui il ragazzo è molto legato, e che, per molto tempo, è stato un ottimo amico di Ada, aiutandola a crescere il figlio. Geloso per la sua vecchia amicizia con la moglie, Aldo vorrebbe allontanare Mario da Righetto, rinchiudendolo in un orfanotrofio; ma il bambino scappa da casa e si rifugia dal suo vecchio amico. Questi, in un decisivo incontro con Aldo, lo convince che tra lui e Ada non c'è mai stato nulla e che la sua preoccupazione è stata sempre quella di curarsi del bambino; ma adesso che il padre è presente, è suo dovere rimanere lì, vicino a suo figlio.

 

Anche questo, come Proibito rubare, è un film sul mondo dei bambini, in cui il regista attraverso gli occhi innocenti dell'infanzia smaschera le ipocrisie e le meschinità degli adulti. Le loro storie sono lo specchio tragicamente realistico della società che li circonda.

 

Il film raccolse le critiche dei Neorealisti più rigorosi, che rimproverarono a Comencini la rappresentazione negativa di Aldo, che in quanto operaio avrebbe dovuto essere per definizione un personaggio positivo e, al contrario, la simpatia per il povero diavolo di Righetto.

Lo scenario delle borgate venne inoltre ritenuto uno sfondo superfluo per ambientarvi una storia dal carattere universale. Questo giudizio è discutibile; Comencini scava nell'animo dei personaggi e mostra l'evoluzione dei loro sentimenti, in particolare quelli del padre che, dapprima orgoglioso e chiuso nella sua visione delle cose, lentamente capirà il bisogno d'amore del figlio e le ragioni per cui lo ha sostituito con la figura di Righetto; tutta la vicenda è motivata e resa ancor più tragica dal dramma dell'emigrazione, su cui il regista insiste in modo esplicito (quanta ipocrisia e retorica nelle parole che un'autorità rivolge in stazione ai lavoratori che partono diretti all'estero..!); il fenomeno assume rilevanza sociale non tanto nell'immediato dopoguerra quanto negli anni in cui si manifesta la ripresa economica, gli anni '50, in cui le prime, elementari, esigenze di benessere richiedono un lavoro più stabile e remunerato; e Comencini ambienta la sua storia con precisione in questo contesto storico e sociale: quartieri di città che si fondono con sobborghi di periferia, strade asfaltate che ad un tratto diventano polverose, casermoni nuovi che fanno da sfondo a catapecchie miserabili, ovunque cantieri e lavori di ricostruzione; è appunto la ripresa economica e in questo scenario si muovono straccivendoli, prostitute, emigranti.

 

"Un ritorno per Comencini a certe pagine del suo primo film, Proibito rubare, un preciso rifiuto dei facili gusti del pubblico, ch'egli aveva sollecitato con Pane, amore e fantasia. Film minore nella storia del cinema italiano del dopoguerra, esso costituisce una tappa importante nella carriera del suo autore in direzione di una più attenta e precisa indagine della realtà."; questo il commento del critico Gianni Rondolino [20]. Il film è un insuccesso clamoroso; viene tenuto nelle sale solo per pochi giorni durante l'estate del 1957 e poi ritirato.

 

La finestra sul luna park (1957)

Regia: Luigi Comencini

 

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