Neorealismo e dintorni

Ladri di biciclette (1948)

Regia: Vittorio De Sica

 

Ladri di biciclette è considerato il capolavoro di Vittorio De Sica ed è una dei capisaldi del Neorealismo cinematografico.

La trama: la vicenda si svolge a Roma, in una delle periferie estreme dove i nuovi fabbricati ospitano le famiglie più povere, alle prese con il sostentamento quotidiano. Antonio è riuscito a trovare un lavoro da attacchino comunale che richiede l'uso della bicicletta; e Antonio è riuscito a riscattarla dal Monte di Pietà a prezzo delle lenzuola di casa. Ma dopo neanche un'ora di lavoro la bicicletta gli viene rubata da un ladruncolo che, invano, Antonio cerca di acciuffare inseguendolo. Al commissariato, dove denuncia il furto, non gli danno alcuna speranza e ad Antonio non resta che cercare la bici, disperatamente, vagando per tutta Roma in compagnia del figlioletto Bruno. Crede anche di averla trovata, ma il ladruncolo riesce ancora una volta a sfuggirgli grazie all'omertà e all'indifferenza dei presenti. Alla fine, in preda alla disperazione, Antonio tenta il furto di una bicicletta, ma viene inseguito e catturato dalla folla. E' il pianto di Bruno a salvarlo dal carcere, e i due ritornano, sconfitti, verso casa.

 

Il film nasce quasi per caso; Zavattini incontra l'autore del libro, Luigi Bartolini, da cui è tratto il film; Bartolini glielo regala, Zavattini lo legge tutto d'un fiato e rapidamente scrive la sceneggiatura del film che De Sica dirigerà. Riceverà numerosi riconoscimenti internazionali; il manifesto a fianco, il cui disegno è identico all'originale ma di una riedizione del 1955, riporta in alto a destra l'elenco di questi premi.

Ladri di biciclette è uno dei classici del Neorealismo, rispettandone tutti i canoni; gli attori sono gente della strada e tutte le riprese sono esterne; la macchina da presa segue Antonio e Bruno nel loro vagare attraverso Roma, insegue i personaggi, come teorizzava Zavattini, e anche la dimensione temporale, oltre che quella visiva e narrativa, sembra rispettata; lo spettatore vive quindi in diretta le vicende dei protagonisti, "vede" ciò che vedono e vive "in tempo reale" il loro dramma e lo sconforto.

De Sica scruta nell'animo dei due protagonisti, i rapporti tra padre e figlio, gli insuccessi che svuotano Antonio di ogni razionalità, la perdita di controllo; il futuro non gli riserverà alcuna speranza di riscatto. L'analisi è imparziale e il regista distaccato, ma sembrano affiorare i primi segni di sentimentalismo che si accentueranno con gli anni e che faranno parlare di "Neorealismo rosa".

 

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