Neorealismo e dintorni

La Trama: Orazio Belli, bidello in un liceo romano, rimane vedovo pochi giorni dopo essere diventato padre. Con il dichiarato intento di vedere un giorno suo figlio titolare della cattedra di latino e greco nel liceo in cui lavora, egli si dedica totalmente a lui, sobbarcandosi a mille sacrifici. A Campobasso prima e a Foggia dopo, il giovane completa gli studi, si laurea e diventa professore. Il tempo passa e sta per scoppiare la seconda guerra mondiale; per non fare arruolare il figlio Orazio chiede una raccomandazione ad un influente uomo politico, un ex professore di educazione fisica, adesso esponente di spicco del Regime. La sua sollecitudine, però, dà luogo al primo dei molti litigi tra padre e figlio, finché Orazio, accortosi di essere di impaccio al "suo professore", con il cuore spezzato, per non compromettere il futuro di suo figlio, decide di lasciare la scuola.
 

Da una recensione di Giuseppe Rausa [25]: "Strutturato in numerosi microepisodi che scandiscono il passare degli anni tra il 1919 e il 1946, il film scorre omogeneo e gradevole, privo di tempi morti e di nette cesure. Il collante e' il divenire della generosa figura di Orazio Belli, pieno di energie e di entusiasmo negli anni venti, quando e' alle prese con un bambino da crescere; felice negli anni trenta allorche' il suo sogno sembra realizzarsi, sebbene cominci a comparire qualche ombra (il figlio, insegnante a Foggia, scrive dotti articoli ma neppure una cartolina al padre), infine in preda all'amarezza negli anni quaranta, quando il ritorno a Roma del figlio professore assegnato al medesimo liceo nel quale Orazio e' bidello, approfondisce il solco classista che separa il padre "ignorante" dal "colto" figliolo. Al di la' di alcune cadute di tono il lieve ed elegante racconto vive completamente nelle emozioni e nelle speranze di questo sfortunato genitore intorno al quale roteano figure piu' scontate come quella del notabile fascista e delle sue sciocche figlie, del professore antifascista costretto a lasciare Roma per Campobasso o del balletto dei politici tra il 25 luglio e la Liberazione....Mentre De Sica, Vergano e Rossellini cercano di nobilitare il mondo popolare ponendolo al centro della Storia, Castellani invece ricorda piu' cinicamente che la societa' italiana rimane in quegli anni saldamente classista, attenta a valutare un individuo in relazione all'ambiente sociale di provenienza. Lo stesso giovane professore appare spesso infastidito dalla bonaria e calorosa presenza del padre, rivelando cosi' l'allignare, perfino entro i vincoli familiari, di quell'atteggiamento pregiudiziale".

 

Castellani affronta temi cari al neorealismo senza rivendicazioni classiste o polemiche sociali, ma con leggerezza e visione ottimistica della vita; è la poetica del regista che sarà confermata nei suoi successivi film: E' primavera, Due soldi di speranza, ...

 

 

Mio figlio professore (1946)

Regia: Renato Castellani

 

 

 

 

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