Mettere le mutande ad un manifesto significava, per gli addetti ai lavori, coprirne una parte con una rettangolo di carta bianca perchè ritenuta, quella parte, offensiva della pubblica morale; ciò avvenne per la prima volta a seguito di una iniziativa della Procura della Repubblica di Roma. Un brevissimo accenno alla legislazione: la prima legge sulle esposizioni al pubblico di manifesti è la n.6144 del 30 giugno 1889, il cui art.65 prevedeva per qualsiasi affissione l'autorizzazione della pubblica sicurezza.  L'art.65 è importante perchè a questo faranno riferimento anche leggi successive; in particolare una delle prime sul cinema, la 532 del 1914, stabiliva che "l'autorità competente prima di concedere la licenza prescritta dall'art.65... per l'affissione e distribuzione di manifesti relativi alle rappresentazioni cinematografiche deve accertare che tali manifesti rispondano ai criteri stabiliti dall'art.1"...ove l'art.1 recitava che era da vietare la rappresentazione di "spettacoli offensivi della morale, del buon costume, della pubblica decenza e dei privati cittadini; di spettacoli contrari alla reputazione e al decoro nazionale o all'ordine pubblico, ovvero che potessero turbare i buoni rapporti internazionali;....". In definitiva, la legislazione riguardante l'affissione del manifesto cinematografico, così come concepito dall'artista, era carente perchè lo stesso non era sottoposto ad una specifica revisione, pur dovendo rispettare gli stessi divieti in fatto di moralità cui era sottoposto lo spettacolo. Dalla fine degli anni '50 la competenza per l'autorizzazione all'affissione passa all'Ufficio dello Spettacolo delle Questure.

Pochi anni più tardi le due associazioni ANICA (produttori e distributori) e AGIS (esercenti sale) promuovono una propria commissione di autocensura con lo scopo, intervenendo preventivamente, di poter limitare questo fenomeno e garantire certezza negli investimenti pubblicitari. Questi fatti, determinando nel tempo le più svariate vicissitudini ad un manifesto oggetto di censura, hanno reso impossibile, o quanto meno difficoltoso, effettuare una ricerca organica e documentata degli interventi imposti dall'autorità di controllo; a differenza degli interventi/tagli sulla pellicola cinematografica che sono invece rimasti ben documentati nei verbali delle commissioni per la revisione cinematografica [11]. In questa ricerca è quindi molto utile affidarsi a testimonianze di artisti-pittori che hanno vissuto in prima persona queste esperienze con le commissioni di censura o a evidenze riscontrabili da un esame dello stesso materiale cartaceo; altra fonte di ricerca le notizie pubblicate dai quotidiani del tempo; per queste ragioni i casi raccolti nell'album valgono più per la curiosità del collezionista che per una ricerca documentale .In alcune delle schede seguenti sono stati riportati brani di interviste ad artisti riportate in [10]; questo testo è vivamente suggerito a chi voglia acquisire una panoramica sul tema della censura cinematografica.